Avete presente qualche signora che porta il nome di Genoveffa? Molto probabilmente no, ma qualcuna ancora c’è. Anni fa non erano rarità e tutte appartenevano a ceti popolari.
Dove saranno andati a scovare questo nome impegnativo persone quasi certamente analfabete, poco avvezze ai libri, figurarsi poi a quelli stranieri (con l’originale Genevieve)?
Oggi, anche chi deve rispettare obblighi di rinnovare nomi di nonne, più che a Genoveffa, ricorre a esterofili adattamenti del tipo di Genny o ritorna direttamente all’originale francese.
Perché, allora, questo nome è rimasto per secoli nella tradizione popolare?
Quasi certamente tutto è riconducibile a Genoveffa di Brabante, nome che forse non dice nulla a nessuno di voi ma che un tempo era popolare come una protagonista di telenovela.
Questa volta vogliamo parlarvi di quella consuetudine popolare di dare ai propri figli nomi di personaggi famosi, non solo di santi, come normalmente è sempre accaduto, ma anche di eroi, reali o leggendari, che sono o sono stati famosi almeno per un certo periodo. Questi nomi, poi, a causa della tradizione di riassegnarli alle discendenze, hanno percorso secoli finendo per non essere più ricollegati al personaggio originario.
Parliamo del caso di Genoveffa, nome ormai quasi scomparso perché ritenuto non molto elegante. Considerando che non ci sono sante locali, né personaggi famosi che vengono subito in mente, è lecito chiedersi come mai qualcuno abbia potuto decidere di ricorrere a questo nome. Diciamo anche che una santa Genoveffa è ricordata il 3 gennaio, però, nel caso di una bimba nata in quel giorno ci si poteva anche ricordare di santa Bertilia, o dei santi Daniele e Fiorenzo volgendo i nomi al femminile. La scelta di Genoveffa deve essere stata, quindi, all’inizio, chiaramente motivata e secondo noi la ragione risiede nella popolare leggenda medievale di Genoveffa di Brabante ricordata anche da Iacopo da Varazze.
La leggenda narra la vicenda di Genoveffa, vissuta nell’VIII secolo. Figlia del duca di Brabante (regione attualmente tra Belgio e Paesi Bassi) andò in sposa al conte palatino Sigfrido, il quale, alla partenza per una guerra, affidò l’amministrazione dei suoi possedimenti al malvagio siniscalco Golo. Forse questi pensava che tra i beni affidatigli ci fosse anche Genoveffa la quale, dal canto suo, non era d’accordo e continuava a resistergli. Alla fine, per evitare problemi al ritorno del conte, Golo decise di far condannare a morte la contessa, insieme al suo figlio neonato, con una falsa accusa di adulterio. Gli incaricati dell’esecuzione, presi però a compassione, abbandonarono madre e figlio in una foresta. Furono casualmente ritrovati dal conte, tornato dalla guerra, durante una battuta di caccia. Il conte credette all’innocenza di Genoveffa ma questa morì subito dopo a causa degli stenti patiti.
La storia di Genoveffa ispirò molte opere letterarie e musicali di importanti autori in tutta Europa, specie nell’intorno del XVII secolo. Queste opere, a loro volta, ispirarono i cantastorie che giravano per i nostri paesi affascinando la popolazione dei ceti più umili. Da questo derivò la diffusione del nome ma anche un’altra curiosa consuetudine: le immagini impressionanti di Genoveffa al momento del ritrovamento, rappresentata sapientemente sui cartelloni vestita di stracci e scarmigliata, fecero sì che fino a pochi anni fa, dalle nostre parti, si usasse definire “ginuveffe” una donna con scarsa cura della sua persona.
Ultimo aggiornamento ( 29 Settembre 2022)